Tensione ai quattro punti della tela
sfibrata la figura _il portamento_
eccentrico rotare a testa in giù
di quanto basta
per sfilacciare santi e filigrane
*
c’è un viavai che si sposta
di primavere in fila sul terrazzo
primavere da quattro sacchi e mezzo
di terreno pressato dentro i vasi
un limone di guardia alla ringhiera
incorniciato a tegole e grondaie
*
non è sicuro si possano indicare
dipinti bizantini in bianco e oro
se poi di guazza e firmamento
il mondo tutto è rappresentazione
inventario di libro scritto in cielo
_hahaha… cielo!_
e c’è chi tenta ancora il vaniloquio
dissertando di fili e cuciture
un io ipertrofico
disquisitore d’agave e smerigli
vetrine e melensaggini
mosca cocchiera
in groppa all’ippogrifo
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oppio di luce nelle tue parole
benritrovata
Ventis
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bentornata, Ventis,
felice di vederti
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Archivio la tua bacchettata telefonica sulla presunta piccola miglioria suggerita (mi autodenuncio: sparate pure, alzo zero, su di me, lo merito), epperò, epperò non rinuncio a dire: basta poesie eccezionali, o succede come per i romani che passando vicino al Colosseo a malapena lo guardano e se gli si domanda distrattamente rispondono: a, beh, sì, il Colosseo, sembra vengano in tanti a visitarlo. Ci andrò pure io, un giorno o l’altro.
Questo a proposito di
chi tenta ancora il vaniloquio
dissertando di fili e cuciture
non scritto per me, non sono tanto presuntuoso, ma per il me che c’è in tutti, cioé:
un io ipertrofico
grosso guaio, questo, che ci porta a
dissertatore d’agave e smerigli
vetrine e melensaggini
(spero di no)
mosca cocchiera
in groppa all’ippogrifo
Insomma: tu sei scrittore, resta a casa tua, in casa dei poeti vadano i poeti.
E poiché questo, troppo gentile e troppo onesta la poetessa, non me l’hai detto, me lo dico da solo.
Così imparo.
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ma no, Mam,
non è così che la penso, io.
Tu sei un ottimo scrittore, questo è inoppugnabile, ma ami anche la poesia, ed io ti sono grata di darle rilevanza.
Sono altresì convinta che poeta non è solo chi scrive ma anche chi legge.
Non hai niente da imparare.
E tutto quello che ho scritto in questi versi non riguarda certamente la tua scrittura.
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Ho letto la bella poesia e lo scambio di vedute con mam, sapete, ragazzi, io penso che questa sia la bellezza della poesia: la corrispondenza soggettiva tra autore e lettore, per cui un concetto o paragone o metafora anche implicita assume una rilevanza per me anche diversamente da quello che il poeta voleva dire. La poesia si moltiplica, si avvale, assume il ricordo personale e quello storico, tenta vie nuove e talvolta trova viottoli preziosi, che portano a piazze e paesaggi inaspettati. Poi c’è la corrispondenza oggettiva: io so cosa Cristina intendesse perché siamo amiche da vecchia data e magari ne abbiamo parlato tante volte, sia pure con terminologie differenti da quello che ha scritto in questo momento. Allora, se l’ho capita, e capire non è facile perché il poeta scrive sempre a filo con l’inconoscibilità sua propria, c’è un contatto oggettivo tra autore e lettore, che mi sembra, tuttavia, meno elevato di quello soggettivo. Io leggo Cristina ed immagino tutto quello che voglio oltre le parole: cosa c’è di più bello?
Qui trovo geniali le espressioni “un io ipertrofico in groppa all’ippogrifo”: mi fanno pensare alla mosca appoggiata sul bue, arrivati a sera la mosca gli dice: Che faticaccia abbiamo fatto oggi. Ecco, questo è l’uomo: chissà cosa si crede di essere. Il bue ha arato e la mosca ha fatto quello che poteva, cioè nulla, ma usa il plurale. Un io ipertrofico.
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cara Mimma, intanto grazie per quel “ragazzi” 🙂
poi per aver evidenziato quanto intercorre tra lettore e scrittore.
in quanto a mosche cocchiere, che cavalchino buoi o muli, il senso è sempre lo stesso.
gli antichi favolisti erano davvero esperti della natura umana…
Come al solito tu entri con grande empatia nella mia poetica, e te ne sono grata.
ciao
cri
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