Allora ti avvicini con la bocca
alle cose sentite dire altrove
che non sono le tue
raccogli cenci
spolveri le travi – i ragni li farai infelici –
e se pronunci ancora altre parole
otterrai sei monete e due lustrini
di fandonie sgargianti
tu non conosci decerebrazione
l’essere solo corpo – il pesce anfiosso –
il suono delle cellule che cade
transitorio
giù per accenti tonici
emerge da cunicoli
deflagrando crisalidi – l’atropa sfinge –
separata ristagna e si nasconde
sotto lemmi e cifrari
l’anima mia
per un destino d’ali
marzo 2010
L’ha ribloggato su daisuzoku.
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Grazie, Raul
un caro saluto
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Wow!! uso raffinato e dotto della lingua, complimenti!
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Grazie, Greta.
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“…sotto lemmi e cifrari
l’anima mia
per un destino d’ali”
Arrivata qui, m’è arrivata improvvisa l’emozione provata leggendo alcune poesia di Emily Dickinson tempo fa.
Il “destino d’ali” è un destino poetico che colpisce solo al femminile.
Ne sono certa una volta di più.
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cara Rossana, l’accostamento mi lusinga
provocare emozioni è quanto di meglio possa sperare un poeta.
grazie!
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L’ha ribloggato su Alchimie.
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Grazie, cara Marzia!
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“sotto lemmi e cifrari
l’anima mia
per un destino d’ali”
e anche io ho risentito in me quella stessa emozione che la grande Dickinson riesce a darmi.
non solo.
ho risentito in questi tuoi versi risuonare i suoi.
Cri cara…
Ti abbraccio
gb
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grazie anche a te, gb,
io credo di scrivere per liberarmi di un surplus emotivo che altrimenti mi schianterebbe.
un abbraccio e buon we
cri
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qualcosa di analogo accadeva alla Dickinson!
e i risultati si captano nei suoi versi e nei tuoi! 🙂
buon sabato, Cri cara
gb
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grazie ancora, cara gb
🙂
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Già un ossimoro nell’apertura: una farfalla e l’Acheronte, fiume dei morti… Sei bravissima Cristina a unire l’alto e il basso, l’immutabile e l’istante.
In questa poesia, eppure già datata, sono presenti tutte le caratteristiche che contraddistinguono i tuoi versi: brusche alternanze di visioni, accostamenti semantici ardui, quasi impensabili, la fragilità che ti senti che diventa erculea forza per tenere soggiogato l’atropa sfinge per un destino d’ali (questo ossimoro è da manuale : “atropo” immobile e destino d’ali).
C’è il poeta nei gesti di una donna, resta il poeta quando la donna posa la penna.
Narda
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grazie, cara Narda, di aver evidenziato dicotomia e semantica, cosa che sempre mi sorprende in quanto non cercate, giunte da chissà quali antfratti della mente…
tu sai che vivo un po’ sospesa, in una specie di terra di mezzo in cui non so mai da quale parte la mia mente sta.
mi piace che tu consideri la mia fragilità una forza, mi conforta.
resto, spero poeta.
un abbraccio
cri
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deflagrando crisalidi -atropa sfinge-
separata ristagna e si nasconde
sotto lemmi e cifrari
l’anima mia
per un destino d’ali
il destino d’ali è qualcosa di ambiguo in questo contesto: mentre affiora il senso della trasformazione in farfalla pronta per il volo, per la libertà, sta sotteso il senso dell’effimero di quello stesso volo!
Questa poesia la ricordavo benissimo, ma chissà come l’avevo interpretato allora, nel lontano e pur vicinissimo 2010!
bbbcar
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ricordo che scrivesti un bellissimo commento, ma non sono riuscita a trovarlo, purtroppo non lo copiai, mi dispiace.
è vero anche quello che dici qui, ma più che un’ambiguità, penso sia la condizione umana, dicotomia, paradosso, contrasti e contrari…
quando scolpii i gabbiani della mia scultura in bronzo, tentai materialmente ciò che sembrava impossibile, rendere lieve il volo… ci riuscii, almeno così dicono.
un abbraccio e buona domenica
bbbcri
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molto bella
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grazie, Francesco.
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